L’Infanzia di un capo  – Recensione in anteprima 

L'Infanzia di un capo (2015) - Recensione in anteprima
L’infanzia di un capo è l’esordio alla regia per Brady Corbet, un film conturbante e disturbante sulla figura di un giovane futuro Leader nella Francia pre 2° Guerra Mondiale.

Un ragazzino (di nome Prescott) vive insieme alla sua famiglia aristocratica in una villa di campagna, poco lontana da una Parigi mondana e sfarzosa al calar della Seconda Guerra Mondiale. Il futuro di Prescott è già ampiamente scritto e niente può fermare questo irresistibile vortice di passioni e tradimenti; lui è stato designato come il nuovo Leader che dovrà rinnovare una Francia disattenta e inadeguata, noncurante delle forze nemiche esterne.

I genitori di Prescott severi e austeri assumono il controllo totale della vita del loro figlio, inglobandolo in un microcosmo buio e nocivo senza la benché minima via di fuga per godersi l’infanzia fanciullesca che tanto meriterebbe di vivere.
A difendere il bambino, apparentemente innocente, dalle maldicenze altrui ci penserà la sua anziana ed esperta tata che cercherà in tutti i modi di educarlo secondo i suoi dettami nel primo atto del “racconto”, ma che ben presto (in particolar modo nel secondo atto) si ritroverà costretta a pagare le amare conseguenze per essersi fidata del giovane Prescott.

D’altro canto il giovane Prescott, per ribellarsi ai soprusi da parte dei suoi genitori, inizierà a pianificare (in tre lunghissimi atti) la sua diabolica e meschina vendetta svelando definitivamente la sua vera indole malvagia e contorta.
Prescott incarna alla perfezione quel giovane Leader inesperto e non cosciente ancora del suo incommensurabile potere, soprattutto se consideriamo la sua tenera età.

L’opera prima di Brady Corbet, ovvero “L’infanzia di un capo”, (in originale “The Childhood of a Leader”) trae ispirazione dal romanzo “Il Mago” di John Fowles e in parte dal breve racconto di Jean-Paul Sartre intitolato “Infanzia di un capo”.
La pellicola esordisce con uno dei più eloquenti,maestosi ed eleganti incipit che si siano mai visti, un vertiginoso viaggio fatto di suoni ed immagini che va a conciliarsi con l’ouverture stessa, incessante ed evolutiva.

Giocando con le inquadrature sui diversi sguardi dei personaggi, Corbet fonde la sua visione filmica e la trascendenza onirica rielaborando più volte il concetto di cinema classico, arricchendolo di una nuova e rara espressione cinematografica drammaturgica.

Il regista posiziona la macchina da presa (molto spesso) ad altezza “bambino” come se volesse farci capire chi è il vero protagonista assoluto, rendendo Prescott l’elemento focale di ogni atto visivo e narrativo.

Tom Sweet (Prescott) in una scena del film. Ha un talento da vendere, ne sentiremo parlare sicuramente di lui in futuro.
Tom Sweet (Prescott) in una scena del film. Ha un talento da vendere, ne sentiremo parlare sicuramente di lui in futuro.

E’ un tipo di cinema che non lascia scampo alla retorica e alla proverbialità delle immagini, affrontando temi scomodi (accuratamente) , dando adito alla ricerca meticolosa di ogni singolo dettaglio messo in scena, manifestandosi sotto forma di narrazione attenta e partecipe degli eventi.

Corbet durante tutto lo svolgimento del film assume il ruolo di demiurgo e lo plasma a suo piacimento erigendo uno stretto rapporto ambivalente con la leggiadria delle parole ed l’eleganza del messaggio divulgativo.

L’infanzia di un capo è anche un plumbeo, ma inevitabile, resoconto di una società altezzosa ormai in eterno declino, dove le alte cariche riconosciute a livello mondiale hanno perso tutti i valori morali e giuridici; quel che rimane è solamente una facciata di questa (semi veritiera) realtà.

“L’infanzia di un capo è anche un’acuta e onesta riflessione sulla metamorfosi sia caratteriale che formativa.”

Rigettando la propria dignità, l’aristocrazia ha concesso l’opportunità alla cattiveria di prendere il sopravvento, contribuendo ad infervorare il popolo, o meglio quel malcontento generale che da lì a poco avrebbe generato una catastrofe di proporzioni bibliche.

Corbet imbastisce un discorso essenziale ma efficace, volto specialmente a rappresentare sullo schermo l’impotenza del giovane Prescott costretto ad eseguire gli ordini dall’alto senza poter liberarsi completamente dalle catene, seppur immaginarie, che lo opprimo.
Difatti, nella pellicola la figura del Leader (come la storia insegna) cambia radicalmente ponendo l’attenzione su di un capo invisibile che agisce nell’ombra in totale silenzio, fino al movimentato e distruttivo finale.

Robert Pattinson (Charles Marker) in una scena del film. Qui appare decisamente in splendida forma, una sublime interpretazione si potrebbe aggiungere.

Nella seconda parte del film il regista si confessa a Dio dichiarandosi peccatore, per aver assecondato tutta la crudeltà insita nei sotterranei più oscuri del racconto stesso; riuscendo ad avere solo in minima parte l’assoluzione dai suoi peccati.

A Corbet non interessa la fedeltà storica o quantomeno la realtà dei fatti, ne “L’infanzia di un capo” non vi è mai un collegamento con qualche personaggio pubblico dell’epoca nella quale si svolgono le vicende, in particolar modo con le tre figure fondamentali: Padre, Madre e Figlio.

Questo suo primo approccio al mondo della settima arte come regista potrebbe essere definito come un mero esercizio di stile, avendo recitato in diversi lungometraggi di grandissimi registi fra i quali: “Gregg Araki”, “Michael Haneke”, “Lars Von Trier”, “Olivier Assayas” e “Noah Baumbach”; invece (fortunatamente) accade l’esatto opposto in quanto Corbet ha realizzato una pellicola intima e personale, omaggiando i suddetti autori solo nei casi necessari.

E’ un film ciclico che nella sua deformazione lampante trova la sua quinta essenza, dal monumentale incipit sino ad arrivare al finale inaspettato di stampo zulawskiano che ridefinisce i toni del cinema storico/ di formazione.
Anche la figura di Robert Pattinson nel film è oltremodo emblematica e periodica, infatti l’attore britannico appare all’inizio come presagio di un evento catastrofico e poi nel finale come simbolo della nascita di una nuova supremazia, di un nuovo potere e di un forte cambiamento politico e demografico.

Giunti al finale accade l’immaginabile, arriverà di colpo una potenza visiva impressionante e sfavillante da lasciare di stucco lo spettatore per ciò che ha visto; entra assolutamente di diritto fra i finali più grandiosi della storia del cinema.

Poteva essere una scommessa azzardata e priva di un’identità propria il suo esordio alla regia, ma grazie al suo talento dietro alla macchina da presa niente di quanto era stato annunciato poi si è rivelato veramente.

Il film “L’infanzia di un capo” uscirà nelle sale il 29 giugno 2017, grazie a Fil Rouge Media

Qui sotto vi lascio il trailer del film sottotitolato in italiano:

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